La generazione che guida il cambiamento

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Giovani Imprenditori Confindustria: la generazione che guida il cambiamento

Tra innovazione digitale e cultura del valore umano, i giovani imprenditori stanno trasformando l’impresa in un motore di crescita consapevole e condivisa. Alice Pretto, vicepresidente Giovani Imprenditori Confindustria, è la voce di una nuova classe dirigente che unisce visione, competenze e responsabilità per costruire un futuro sostenibile

 Nel lessico dei giovani imprenditori la parola “futuro” rappresenta un orizzonte da costruire: per chi ha imparato presto a muoversi tra crisi e innovazioni, la vera sfida non è reagire al cambiamento ma guidarlo. La nuova generazione d’impresa sta infatti riscrivendo le regole del gioco, mettendo al centro sostenibilità, capitale umano e competenze digitali.

Alice Pretto, lei rappresenta una generazione che ha vissuto crisi, trasformazioni e rinascite: come è cambiato il modo di fare impresa in questi anni?

«La nostra generazione e quelle più recenti sono nate con la globalizzazione e un mondo accessibile con trasformazioni come quella digitale e sostenibile a porre interrogativi profondi. Sentiamo forte la responsabilità di agire per un futuro che non è solo nostro. E poi le crisi economiche e guerre che prima studiavamo solo sui libri. In tutto questo contesto fare impresa oggi non significa più soltanto produrre o vendere, ma costruire valore condiviso attraverso la comunità che creiamo e quella in cui viviamo e a cui contribuiamo. Le aziende devono essere agili, capaci di leggere il contesto, di innovare continuamente e di collaborare in rete. La dimensione umana, che un tempo poteva sembrare un “soft factor”, è diventata centrale: la fiducia, la cultura aziendale e la capacità di attrarre talenti fanno oggi la differenza tanto quanto la tecnologia. E per tutto questo servono competenze a tutto tondo, analitiche, tecniche e relazionali».

La sostenibilità è ormai un imperativo: come la stanno interpretando i giovani imprenditori? È più una responsabilità o un’opportunità competitiva?

Alice Pretto

«Oggi la sostenibilità non è più una scelta facoltativa, ma un imperativo che ridefinisce il modo stesso di fare impresa. Per noi giovani imprenditori essa non rappresenta soltanto un dovere etico o ambientale, ma una leva strategica di crescita e competitività. La nuova generazione imprenditoriale ha compreso che integrare criteri di sostenibilità nei modelli di business non significa aggiungere un costo o un vincolo, bensì investire sul futuro dell’impresa e della comunità in cui opera. La sostenibilità viene quindi interpretata come un principio da vivere “dentro” i processi aziendali: dalla progettazione dei prodotti alla gestione delle risorse, dall’uso delle tecnologie digitali per ridurre sprechi e aumentare la trasparenza, fino alla costruzione di filiere più responsabili e circolari. È una trasformazione che richiede visione, innovazione e coraggio, ma che restituisce valore reale: migliora la reputazione, attrae giovani talenti e investitori, apre l’accesso a nuovi mercati e consolida la resilienza delle imprese. Per i Giovani Imprenditori, sostenibilità significa quindi assumersi la responsabilità di guidare il cambiamento, ma anche cogliere le opportunità che esso offre. Responsabilità e competitività non sono più dimensioni contrapposte: sono i due lati di una stessa medaglia. In questo senso, la sostenibilità non è solo un obiettivo da raggiungere, ma un modo nuovo di interpretare l’impresa: più consapevole, più aperta e più capace di generare valore condiviso per la società e per il futuro del Paese».

Spesso si parla di “gap di competenze”: quali sono oggi le skill più ricercate dai giovani imprenditori?

«La trasformazione in corso richiede ai giovani imprenditori un mix di competenze molto diverso rispetto al passato. Io ne vedo almeno tre imprescindibili:

  1. Manageriali: capacità di leggere i numeri, gestire la complessità, guidare organizzazioni con metodi moderni. Non basta più l’intuito: servono strumenti di pianificazione, analisi geoeconomiche, controllo di gestione e risk management.
  2. Digitali: non solo come competenza tecnica specialistica, ma anche come mentalità. Il digitale non è solo IT, è marketing, supply chain, è customer care. Significa comprendere l’impatto delle nuove tecnologie e guidarne l’adozione. Significa conoscerle per poterle integrare nel proprio business.
  3. Relazionali e di leadership: i giovani devono saper guidare team multigenerazionali e multidisciplinari. La leadership oggi non è autoritaria ma inclusiva, capace di motivare e valorizzare talenti diversi.

Oggi alle imprese mancano 670mila tecnici qualificati, con un mismatch tra domanda e offerta di competenze che ha raggiunto il 45%, con picchi oltre il 60% nelle aree scientifico-tecnologiche. Questo comporta una grave perdita di competitività. Dobbiamo necessariamente investire in formazione, ricerca e materie STEM. Il vero gap non è solo tecnico: è culturale. Serve una mentalità aperta, capace di imparare continuamente e di collaborare con altri in modo flessibile».

Nel suo percorso personale, quali competenze o esperienze si sono rivelate decisive per affrontare le sfide di leadership e innovazione?

«La leadership innovativa nasce da una visione strategica chiara e dal coraggio di sperimentare, anche accettando il rischio del fallimento. È fondamentale avere apertura mentale e capacità di contaminazione tra competenze diverse, per generare idee nuove e inclusive. Contano poi resilienza e adattabilità, qualità indispensabili per guidare le imprese in tempi di incertezza. Nel mio percorso ho capito che la curiosità è la competenza più importante. Avere il coraggio di mettersi in discussione, ascoltare, imparare da chi è diverso da te. Avere anche il coraggio di assumere rischi e cambiare modelli consolidati per proiettarsi nel futuro».

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Immagine di Simona Savoldi
Simona Savoldi

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