Ferretti Firm: ripensare la professione forense verso un modello più aperto e dinamico
Innovare nella professione legale è possibile. Lo dimostra Daniele Ferretti, Founder & Managing Attorney di Ferretti Firm, che ha scelto di puntare su consulenza internazionale, mediazione volontaria e formazione giuridica per le imprese
La professione di avvocato, soprattutto in Italia, rimanda l’immaginazione alle aule del tribunale e alla rigida applicazione delle leggi. Nulla di più lontano dall’idea di poter introdurre elementi di innovazione in un mondo apparentemente costretto entro canoni precisi.
Abbiamo intervistato l’avvocato Daniele Ferretti, che dal 2017 è Founder & Managing Attonery di Ferretti Firm, studio legale che opera prevalentemente in ambito internazionale, con sede a Milano, Montecatini Terme e uffici collegati negli Stati Uniti, a New York e Washington.
È possibile parlare di innovazione nella professione di avvocato e, in particolare, nel modo in cui il suo studio approccia questa tematica?
«Possiamo parlare di innovazione sotto diversi profili: quello più interessante si riferisce all’esplorazione di nuovi settori del diritto e di nuovi mercati, così come allo studio delle normative straniere e alla comparazione tra sistemi giuridici diversi, a cui potersi ispirare. L’innovazione tecnologica è, invece, uno strumento da utilizzare con prudenza, alla luce dei rischi che comporta e nel rispetto di principi deontologici, normativi ed etici che regolano l’esercizio della professione, anche in considerazione di quanto previsto dalla Legge 23 settembre 2025, n. 132, entrata in vigore recentemente».
Parlando di elementi di innovazione sostanziale, quali sono gli aspetti che caratterizzano la sua attività?

«Fin dalla nascita dello Studio, la vera innovazione è stata distinguersi dal mondo degli studi legali, dedicandosi quasi esclusivamente al diritto internazionale e straniero. A differenza di molti studi italiani, che assistono clienti esteri interessati a consulenza di diritto domestico (consulenza inbound), noi assistiamo imprese italiane che intraprendono operano globalmente e che hanno necessità di conoscere le regole applicabili in ordinamenti stranieri (consulenza outbound). Abbiamo concluso operazioni in numerose giurisdizioni, anche grazie a collaborazioni consolidate con partner locali che abbiamo selezionato accuratamente negli anni, e siamo quindi in grado di offrire consulenza e assistenza immediata al riguardo, nonché di offrire suggerimenti strategici d’esperienza che rendono le nostre imprese più competitive sui mercati internazionali. Le imprese italiane, sotto il profilo giuridico, sono mediamente meno preparate rispetto ad altre nell’affrontare il mercato globale, e inoltre – unicum distintivo della realtà italiana – sono poco abituate a conferire con i legali in ambito societario e contrattuale, in quanto nel nostro sistema, molto spesso, la consulenza relativa in materia è prestata dai commercialisti.
Un altro ambito che merita attenzione sul panorama internazionale è quello della mediazione volontaria. Si tratta di un istituto che, in Italia, è conosciuto principalmente in relazione alle ipotesi obbligatorie previste per legge. In ambito nazionale, manca, dunque, una vera e propria cultura delle parti circa la possibile efficacia dello strumento, soprattutto sui contenziosi cross-border. Ritengo sia un elemento di innovazione prevenire le controversie rispetto all’orientamento prevalente del rivolgersi a un tribunale per ottenere un provvedimento giudiziale. Sicuramente l’aver analizzato come all’estero si gestiscono i contenziosi è stato di ispirazione: in USA, per esempio, circa il 70% delle controversie devolute alla mediazione si compongono bonariamente».
Crede che anche la formazione possa apportare innovazione in ambito forense?
«Ritengo che la formazione rappresenti uno strumento essenziale e illuminante per consentire alle imprese italiane di competere efficacemente sui mercati esteri. La conoscenza e l’adozione di modelli giuridico-legali utilizzati in altri paesi permettono non solo di acquisire vantaggi competitivi a livello internazionale, ma anche di evitare errori ricorrenti. Offriamo questi servizi sia mediante percorsi ad hoc per le imprese nostre clienti, sia attraverso collaborazioni con enti promotori dello sviluppo imprenditoriale, come, ad esempio, Confindustria — con cui operiamo con varie sedi sul territorio nazionale — Cosmetica Italia e ISFOR».
Parlando invece di innovazione strumentale, in cosa l’intelligenza artificiale può portare innovazione nella scienza forense?
«Tutte le professioni regolamentate, per il cui accesso è necessario il superamento di esami d’abilitazione, dovrebbero prevedere norme che disciplinano l’uso dell’IA nelle rispettive materie, sia da parte gli addetti ai lavori che dalla generalità degli utenti. Essere ammessi al “Bar” degli avvocati, ad esempio, è una espressione che evoca la barra di legno (bar) che, nei tribunali inglesi, separava il pubblico dai magistrati e dagli avvocati. Solo chi era autorizzato a esercitare la professione legale poteva varcare quella barriera e parlare in aula come avvocato. L’utilizzo dell’IA in assenza di un’adeguata formazione e la mancanza di disclaimer adeguati può avere esiti catastrofici. Il rischio di porre domande sbagliate e di ottenere risultati fuorvianti è direttamente proporzionale all’assenza di conoscenze adeguate in materia. Un ulteriore elemento critico è la condivisione di dati sensibili attraverso le piattaforme utilizzate per le ricerche. Questi fattori – assieme ad altri che, per brevità, in questa sede non richiamo – mi inducono a raccomandare prudenza estrema ogni qualvolta l’IA viene utilizzata per ottenere consulenza o assistenza specifica.
Un ambito in cui l’IA potrebbe, invece, rappresentare un’innovazione strategica è quello legislativo. Il nostro ordinamento giuridico necessita, infatti, di una profonda revisione e riscrittura di molte norme, ormai superate rispetto al contesto attuale. In questo processo, l’IA può svolgere un ruolo chiave, accelerando i tempi e migliorando l’efficienza nella raccolta dei dati delle esperienze straniere. Può, in particolare, offrire sintesi di massima e linee guida delle soluzioni adottate in altri sistemi giuridici, utili come base di riflessione per l’aggiornamento della normativa nazionale, che dovrà comunque sempre demandata a, e rimanere prerogativa di, giuristi esperti».




