Cooperativa sociale Quid Moda etica, la nuova frontiera del Made in Italy: Quid fonda il proprio modello sull’inclusione e il recupero dei tessuti, coniugando competitività e responsabilità sociale in un percorso che produce valore per la comunità e le imprese
Inclusione sociale, sostenibilità e capacità di generare valore condiviso sono ormai criteri imprescindibili per misurare la solidità e le prospettive di un’impresa. Oggi il capitale umano rappresenta il vero motore della competitività, chiamato a guidare processi di innovazione che intrecciano dimensione economica e responsabilità sociale. La sfida è coniugare etica e mercato, creando modelli capaci di rigenerare prodotti e processi e, al contempo, offrire nuove opportunità alle persone.
In questa direzione si muove la Cooperativa Sociale Quid di Verona, impresa sociale della moda che ha fatto dell’inclusione e dell’economia circolare i cardini del proprio sviluppo. Attraverso il recupero di tessuti di eccedenza e il coinvolgimento di donne provenienti da percorsi di fragilità, Quid non solo restituisce autonomia e dignità, ma costruisce partnership industriali con brand del Made in Italy e grandi aziende, attraverso l’utilizzo di strumenti innovativi come la Convenzione ex Art. 14 del D.Lgs. 276/2003.
A Veneto Economy, Martina Liviero, responsabile Marketing e Comunicazione di Progetto Quid, racconta come la filosofia della cooperativa – “dare valore alle fragilità” – si traduca in un modello capace di generare impatto sociale, ambientale ed economico, riscrivendo le regole del settore moda e offrendo una visione di futuro in cui il capitale umano diventa la leva più autentica di trasformazione.
Come riuscite a trasformare il percorso di fragilità in una risorsa per l’impresa e per le persone?

«Per Progetto Quid, il motto ’dare valore alle fragilità’ è intrinsecamente legato alla sua mission: dare ’nuova vita a persone e tessuti’. La cooperativa sociale si impegna a trasformare i limiti in punti di partenza, scoprendo e coltivando il talento in chi il mercato del lavoro tende a escludere.
Ogni percorso di inserimento lavorativo per noi è unico: consideriamo la persona nella sua interezza, vediamo i punti di forza oltre quelli di fragilità e insieme a un team pedagogico, mettiamo in campo azioni mirate di sostegno e accompagnamento. In questo, il nostro reparto HR e quello Welfare, coordinato da una pedagogista esperta in dinamiche di inclusione, collaborano a stretto contatto con i responsabili di linea produttiva e degli uffici, per garantire formazione on the job, supporto per l’accesso al diritto alla casa e alla salute, per la persona e i suoi familiari.
Ogni anno, misuriamo con un questionario d’impatto l’efficacia del nostro approccio. La rilevazione d’impatto del 2024 mostra un miglioramento della soddisfazione lavorativa (86%), maggiore stabilità occupazionale, un buon equilibrio lavoro-famiglia (91%) e un alto livello di felicità (88%) tra i lavoratori. Il 68% si ritiene economicamente indipendente e il 74% abita in maniera autonoma. Questi dati dimostrano come il percorso di fragilità, se accompagnato da lavoro e formazione, possa tradursi in autonomia e crescita personale, e sappia trasformare la persona in una risorsa fondamentale per la cooperativa e per la società».
Il ricorso alla Convenzione ex Art. 14 (Dlgs 276/2003) permette ai vostri partner corporate di integrare filiere inclusive e di assolvere agli obblighi occupazionali in modo virtuoso: quali effetti concreti ha generato questa collaborazione per le aziende e per la vostra cooperativa?
«Il ricorso alla Convenzione ex Art. 14 del D.Lgs. 276/2003 è a tutti gli effetti un potente strumento win-win: l’art. 14 mira a garantire, per risorse altamente fragili, le migliori condizioni di inserimento, che solitamente un normale contesto lavorativo non può offrire. La nostra cooperativa dispone degli strumenti pedagogici e dell’approccio necessario per accogliere la fragilità e promuovere la crescita dei dipendenti, onorando la missione di cooperativa sociale di tipo B. Il meccanismo dell’art. 14 è virtuoso perché garantisce continuità e consente di costruire partnership durature con le aziende. Negli anni si è rivelato un efficace motore di crescita: ci ha permesso di aumentare rapidamente le assunzioni, per il 90% a tempo indeterminato, garantendo stabilità e progetti di vita concreti».
Il recupero dei tessuti e l’economia circolare sono pilastri del vostro modello: quali risultati avete raggiunto in termini di sostenibilità e partnership industriali?
«Fin dal principio, Quid ha unito economia circolare e inclusione, generando nuova vita per persone e tessuti. L’utilizzo di materiali di fine serie ed eccedenze ci garantisce un doppio impatto in termini di sostenibilità. Da un lato ambientale: filiere apparentemente distanti si uniscono per creare un modello produttivo in cui nulla viene sprecato. Tessuti, che altrimenti verrebbero smaltiti, diventano invece occasione di collaborazione con aziende partner – spesso eccellenze del Made in Italy o grandi brand del lusso – che li donano o li cedono a prezzo simbolico. Dall’altro lato economico: riducendo i costi delle materie prime, restiamo competitivi sul mercato e assicuriamo retribuzioni adeguate ai nostri dipendenti.
Solo nel 2024 abbiamo recuperato 203.609 metri di tessuti e 9.785 metri di pellame. Il 70% di questi materiali è stato donato o ceduto a prezzo simbolico da oltre 64 aziende. In totale collaboriamo ogni anno con più di 120 realtà – dal fashion alla cosmesi, dall’assicurativo alla consulenza – creando prodotti unici ad alto impatto sociale».
Quanto è stato complesso conciliare il posizionamento etico con le esigenze di competitività sul mercato della moda?
«È stato un percorso che ha richiesto cambiamenti profondi e costanti investimenti in innovazione. Quid è stato tra i primi marchi indipendenti di moda etica Made in Italy a riuscire a combinare sostenibilità sociale e ambientale con design e prezzi accessibili. Dopo i primi dieci anni dedicati alle linee di abbigliamento donna, con oltre dieci negozi monomarca e una rete di punti vendita partner, il 2024 è stato segnato da una forte riorganizzazione, per garantire una visione di lungo periodo. Nel 2023, abbiamo ridefinito strategie e modello di business, puntando sul canale B2B, senza abbandonare del tutto il B2C. Questo rafforzamento delle partnership aziendali ci ha permesso di mettere al centro la nostra vision: diventare il principale partner etico per le imprese nella produzione di accessori e linee di abbigliamento Made in Italy».
In che modo il lavoro e la formazione contribuiscono all’autonomia e alla crescita personale delle donne che coinvolgete?
«Il lavoro e la formazione sono pilastri fondamentali per favorire l’autonomia e la crescita personale delle donne coinvolte nel nostro progetto, frequentemente penalizzate dal mercato del lavoro. Quid è nata proprio con l’intento specifico di offrire riscatto a donne fragili, vittime di violenza, ex detenute, vittime di tratta e sfruttamento sessuale e lavorativo. In questo contesto, creare nuove opportunità è possibile solo con percorsi di accompagnamento personalizzati, con pedagogiste, educatrici e uno sportello psicologico dedicato.
A ciò si aggiunge il training on the job, gestito spesso in modalità peer to peer, ovvero la donna più esperta insegna il lavoro alla nuova arrivata. Abbiamo creato anche una linea produttiva dedicata all’inserimento e alla formazione, per favorire l’apprendimento dei fondamenti dell’uso della
macchina da cucire professionale. Qualsiasi lavoro in Quid non è mai solo un impiego, bensì l’occasione di scoprire sé stessi, valorizzare i propri talenti e costruire una vita all’insegna dell’indipendenza economica e della libertà personale».
In un mondo attraversato da profonde trasformazioni sociali e climatiche, come può il capitale umano diventare leva di innovazione per il settore moda?
«Nella nostra visione – come già detto – in cui i limiti diventano punti di partenza, al centro c’è il capitale umano, donne ma anche molti uomini, che sempre più frequentemente si trovano vittime di situazioni di sfruttamento lavorativo e di caporalato. Focalizzare la propria mission sul talento significa costruire sinergie tra profit e non profit, che possano creare valore per le persone, per le aziende in partnership e per i territori. L’impiego inclusivo restituisce alla comunità un beneficio concreto in termini di reddito, indotto e riqualificazione di competenze. Tutto questo contribuisce a dar vita a un modello d’impresa sempre più ibrido, orientato al problem solving e alla collaborazione, capace di ridisegnare la filiera moda e tessile attorno a nuove coordinate, dove vite e tessuti si intrecciano come fili».




