Mercato del lavoro in Veneto – i dati di ottobre

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Veneto, il lavoro cresce ma rallenta: ottobre segna una frenata evidente

Nel mercato del lavoro veneto il 2025 continua a muoversi in territorio positivo, ma con un passo sempre più corto. È questa la fotografia che emerge dall’ultima edizione de «La Bussola», il bollettino congiunturale diffuso da Veneto Lavoro, che analizza l’andamento dell’occupazione dipendente privata sulla base delle Comunicazioni Obbligatorie. Un documento atteso ogni mese da imprese e istituzioni locali, utile per capire in tempo reale verso dove si sta orientando la struttura produttiva regionale.

Nei primi dieci mesi dell’anno il saldo delle posizioni di lavoro è positivo per 41.500 unità. Un risultato che certifica una tenuta complessiva del sistema, pur lontano dal ritmo del 2024, quando alla stessa data il guadagno era stato di 55.400 posizioni. Il rallentamento, spiegano gli analisti dell’Osservatorio, è il frutto della combinazione fra una leggera diminuzione delle assunzioni (–1%) e un aumento delle cessazioni (+1%), due dinamiche che nel medio periodo stanno ridisegnando l’equilibrio del mercato del lavoro regionale.

La fotografia diventa più nitida osservando il mese di ottobre, storicamente un passaggio delicato. Il saldo dell’ultimo mese registrato è di –23.500 posti, un rosso più marcato rispetto al 2024 (–18.800) e non imputabile soltanto alla stagionalità. Le cessazioni salgono a 74.700 (+7%), mentre le assunzioni rimangono sostanzialmente stabili (51.200). Nel complesso, il Veneto continua a creare lavoro, ma lo fa meno di prima e con un ciclo che mostra un’evidente perdita di slancio.

Il tempo indeterminato c’è, ma non spinge più

Il contratto a tempo indeterminato mantiene un ruolo centrale, anche se la sua forza propulsiva si affievolisce. Tra gennaio e ottobre il saldo rimane positivo (+23.700), ma inferiore ai livelli dell’anno precedente (+28.000). Le assunzioni a tempo stabile calano del 6%, e diminuiscono anche le trasformazioni dei contratti, in particolare nei comparti del made in Italy e nelle costruzioni. Lo stesso ottobre, con un saldo di +3.500 posizioni, racconta una crescita più debole rispetto ai dodici mesi precedenti.

Non va meglio al lavoro a termine. Il 2025 registra un saldo complessivo di +20.700 posizioni, lontano però dal +29.200 del 2024. Nel solo ottobre si arriva addirittura a –26.500, complice l’aumento delle cessazioni a fine contratto, cresciute del 10%, un dato che riguarda soprattutto l’agricoltura. Più fragile ancora è l’apprendistato, che tra gennaio e ottobre perde 2.900 unità, peggiorando il già negativo risultato del 2024 (–1.800).

Donne e part-time: il fronte più debole

Il rallentamento dell’occupazione colpisce in modo particolare le donne, le cui assunzioni nei primi dieci mesi dell’anno scendono del 4%. La contrazione riguarda sia il tempo pieno, sia – soprattutto – il part-time, che registra un calo del 6% e rappresenta da sempre una componente cruciale del lavoro femminile. La componente maschile si mantiene invece più stabile, sostenuta dall’aumento dei contratti full-time.

Province: una crescita che perde pezzi

La geografia del lavoro veneto si muove anch’essa in ordine sparso. Belluno rimane l’unica provincia con un saldo negativo nel periodo gennaio-ottobre (–2.694), mentre tutte le altre aree chiudono in positivo, ma con un passo più corto rispetto all’anno precedente. Venezia e Verona restano i territori più dinamici, pur registrando un rallentamento: +12.145 posizioni la prima (contro +15.315 nel 2024), +17.172 la seconda (erano +21.922). Padova cresce di 5.801 posizioni, Treviso di 3.741, Vicenza di 3.695, Rovigo di 1.635. A ottobre quasi tutte le province scendono sotto zero: si salvano Padova e Vicenza, dove il saldo mensile torna lievemente positivo.

Industria: stabilità in testa, debolezza nelle filiere

Nel settore industriale – includendo anche le costruzioni – il saldo dei primi dieci mesi si attesta a +11.000 posizioni, leggermente sotto il +11.300 del 2024. Il quadro è complesso: il metalmeccanico registra una crescita moderata (+3.000), il legno-mobilio rimane in terreno positivo (+240), mentre il made in Italy mostra segnali di sofferenza. L’intero comparto si ferma a +1.300 posizioni, ben lontano dai +2.000 dello scorso anno. Alcune filiere emblematiche stanno vivendo una fase delicata: il tessile-abbigliamento chiude i primi dieci mesi con un saldo di –910 posizioni, la concia e calzatura fanno segnare un –128, e l’occhialeria – settore chiave per il Veneto – passa da +866 del 2024 a –462.

Dietro questa frenata pesa un rallentamento generale dell’attività produttiva, ulteriormente complicato dalle tensioni internazionali che stanno comprimendo la domanda estera. In occhialeria, sottolinea il report, incide anche la ristrutturazione in corso in alcune aziende, comprese quelle a titolarità cinese, che negli ultimi anni avevano contribuito a sostenere gli organici.

Servizi: turismo e commercio non bastano a compensare il freno

Il terziario continua a trainare la crescita occupazionale, ma con una forza decisamente inferiore rispetto al passato. Il saldo dei primi dieci mesi è ancora positivo (+21.800), ma molto lontano dai +30.400 dello scorso anno. Il turismo aggiunge 10.525 posizioni – numeri importanti, ma inferiori al 2024 – e anche commercio, ingrosso-logistica, attività professionali e servizi alla persona rallentano in maniera visibile. Le assunzioni diminuiscono quasi ovunque, con cali significativi nelle pulizie (–11%) e nella logistica (–6%). L’unico comparto che si muove in controtendenza è editoria e cultura, sostenuto dai contratti brevissimi legati alle produzioni cinematografiche.

Dimissioni in calo, licenziamenti economici in risalita

Sul fronte delle cessazioni emerge un segnale particolare: le dimissioni volontarie scendono a 16.459 in ottobre, il 2% in meno rispetto all’anno precedente. Una dinamica che suggerisce minore mobilità e un atteggiamento più prudente da parte dei lavoratori. Crescono invece i licenziamenti economici, che nel mese raggiungono 2.300 casi, contro i 1.960 di un anno fa. Aumentano anche i licenziamenti collettivi (da 96 a 215) e le cessazioni per fine contratto, che salgono a 52.348.

Somministrazione: meno attivazioni, ma saldo migliore

Tra le forme di lavoro più colpite dal rallentamento c’è anche la somministrazione, che nei primi nove mesi dell’anno registra 91.900 attivazioni, il 4% in meno rispetto al 2024. Nonostante il calo, il saldo migliora: +3.900 posizioni contro le +3.400 dell’anno precedente, un risultato che si deve in particolare alla buona performance di settembre.

Una crescita che cambia ritmo

Guardando nel complesso la dinamica del mercato del lavoro veneto, la sensazione è che il 2025 stia segnando un cambio di fase. La crescita continua, ma si indebolisce; i settori tradizionali mostrano segnali di affaticamento; alcuni comparti innovativi tengono, mentre altri – soprattutto quelli più esposti ai cicli globali – frenano in modo evidente. Anche la mobilità interna al mercato del lavoro si riduce, con meno dimissioni e più cessazioni per scadenza dei contratti.

Il Veneto rimane una regione dinamica, con un mercato del lavoro ancora in espansione. Ma la traiettoria del 2025 mostra una serie di crepe che non vanno ignorate. In un contesto internazionale volatile e con prospettive economiche incerte, la velocità di crescita sembra destinata a rimanere più bassa rispetto agli anni immediatamente successivi alla pandemia.

Per imprese, lavoratori e decisori pubblici, sarà fondamentale capire se questo rallentamento rappresenti una fisiologica normalizzazione o il segnale di una fase più complessa all’orizzonte.

Fonti dei dati: «La Bussola – Ottobre 2025», Osservatorio regionale Mercato del Lavoro – Veneto Lavoro 

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Immagine di Giulia Chittaro
Giulia Chittaro

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