Nel 2045 il Veneto conterà 1,65 milioni di pensionati

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Veneto, nel 2045 pensionati a quota 1,65 milioni e nei prossimi 25 anni -15mila lavoratori all’anno. La fotografia del cambiamento in atto nell’analisi del convegno demografia e lavoro

Fra 20 anni, nel 2045, in Veneto ci saranno 79 potenziali pensionati – ovvero over 65 – ogni 100 potenziali lavoratori, mentre oggi il rapporto è 43 a 100: il dato, presentato dal professor Gianpiero Dalla Zuanna, del dipartimento di Scienze Statistiche dell’Università di Padova in apertura del convegno Demografia e lavoro in Italia e nel Veneto, disegna la forza e rapidità senza precedenti del cambiamento demografico in atto.

L’appuntamento, promosso oggi dal Dipartimento di Scienze Statistiche dell’Università di Padova e dalla Camera di Commercio di Padova, in collaborazione con Venicepromex e Neodemos, è stato occasione per riflettere sull’impatto dell’invecchiamento della popolazione sul mondo del lavoro.

«Questa giornata fa seguito alla due giorni di analisi e approfondimenti dello scorso anno ad Abano Terme, anche in quell’occasione organizzata da Camera di Commercio con il Dipartimento di Scienze Statistiche dell’Università di Padova. L’obiettivo comune è offrire elementi di lettura su un tema centrale per l’economia del nostro territorio, perché già oggi le imprese fanno i conti con la difficoltà di reperire il personale,» spiega Antonio Santocono, Presidente della Camera di Commercio di Padova.

Fra i dati proposti dal professor Dalla Zuanna, anche l’analisi relativa agli over 65 in Veneto: se oggi sono 1,2 milioni su una popolazione complessiva di 4,8 milioni, fra 20 anni arriveranno a quota 1,65 milioni. Il saldo naturale negativo – che oggi segna -20mila in Veneto nella differenza fra nati e morti – è destinato a diventare ancor più marcato. Elementi di analisi significativi arrivano anche dai dati relativi al saldo delle migrazioni, che – pur ancora in terreno positivo – è fortemente diminuito: nel 2004 il rapporto tra immigrazione ed emigrazione era a +48mila, oggi è a +9mila.

In base alle indicazioni che arrivano dalle proiezioni delle forze di lavoro al 2050 per ripartizione geografica – appena pubblicate da Istat – in Veneto da qui ai prossimi 25 anni possiamo attenderci un calo medio di 15mila lavoratori ogni anno.

«Nei prossimi dieci anni – ha aggiunto inoltre Dalla Zuanna – una buona metà dei nuovi pensionati avrà ancora, al massimo, la licenza media inferiore, mentre l’80% dei nuovi lavoratori saranno diplomati o laureati. Quindi, se sarà possibile “sostituire” con nuovi lavoratori i neopensionati istruiti, sarà molto difficile “sostituire” quelli meno istruiti. Inoltre è verosimile che l’emorragia di giovani diplomati e laureati veneti verso l’estero e verso altre regioni, specialmente Emilia Romagna e Lombardia, continui. Questi cambiamenti si realizzeranno in tutto il Veneto, ma saranno ancora più intensi nelle zone meno ricche e produttive della regione – come le province di Rovigo e di Belluno, la bassa pianura delle province di Verona, Vicenza e Padova; le alte colline e le montagne del Vicentino, del Trevigiano e del Veronese – dove già oggi la popolazione è assai più vecchia rispetto alla media regionale.»

Secondo Dalla Zuanna il sistema produttivo del Veneto «difficilmente sarà in grado di assorbire tale diminuzione di lavoratori. È illusorio – ha continuato – pensare che l’automazione e l’intelligenza artificiale possano “sostituire” i lavoratori mancanti. Questo potrà accadere in alcuni settori, ma certamente non in altri. Si può attingere a sacche di lavoro inutilizzato o mal utilizzato, in particolare al lavoro femminile e giovanile, e al lavoro retribuito (aggiuntivo alla pensione) dei pensionati. Azioni in questo senso sono auspicabili, ma è illusorio pensare che cambiamenti demografici così intensi possano essere totalmente mitigati da un incremento della propensione al lavoro di chi già oggi vive nel Veneto. Anche perché oggi un numero rilevante di donne adulte e di anziani in buone condizioni di salute è impegnato in lavori di cura non retribuiti. Di conseguenza, l’attrazione verso nuovi arrivi, in particolare per lavori manuali, per tutti i settori, sarà nei prossimi due decenni, irresistibile. Sarà quindi necessario intraprendere azioni di tre tipi: frenare l’emorragia di giovani, mitigare le conseguenze dell’invecchiamento, favorire ingressi ordinati di nuovi immigrati.»

L’appuntamento ha visto anche gli interventi, ricchi di stimoli, di Massimo Livi Bacci, docente dell’Università di Firenze, di Bruno Anastasia, economista e ricercatore, e di Alessandra Minello, del dipartimento di Scienze Statistiche dell’Università di Padova.

Due diverse tavole rotonde hanno messo a confronto relatori e operatori economici rappresentanti del mondo dell’impresa del Veneto.

 

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Immagine di La Redazione
La Redazione

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