Il valore sociale del lavoro

Margherita Colonnello e il Comune di Padova promuovono l’inclusione sociale attraverso il lavoro, focalizzandosi su giovani, disabili e fragili, con politiche coordinate tra enti e imprese

Il lavoro come fattore di inclusione sociale: è ciò che emerge dalle parole di Margherita Colonnello, alla quale il sindaco di Padova Sergio Giordani ha voluto affidare delle deleghe a forte impronta comunitaria: sociale, integrazione e inclusione sociale, partecipazione, diritto allo studio, politiche del lavoro e dell’occupazione, politiche di genere e pari opportunità, contrasto alla violenza di genere. Docente, specializzata in sostegno didattico alle persone con disabilità, l’assessora Colonnello porta nel suo lavoro politico-amministrativo tutta la sensibilità maturata nel mondo della scuola.

VENETO ECONOMY - Il valore sociale del lavoro
Margherita Colonnello

Assessora, quali sono i punti nevralgici del suo assessorato in tema di occupazione?

«La mia delega sulle politiche del lavoro e dell’occupazione è riferita alle persone svantaggiate in ambito sociale. Seguo alcuni target specifici, ad esempio le persone escluse dal mondo del lavoro a vario titolo, e lo faccio cercando di allacciare le politiche del lavoro alle politiche sociali.

Tra questi target ci sono le persone che incontrano un momento di difficoltà nella loro vita, a causa di povertà materiale e povertà educativa: due fattori che devono essere tenuti insieme perché oggi, con l’aumento della richiesta di competenze, un solido apparato educativo è fondamentale per accedere al mercato del lavoro. Si tratta della platea intercettata dalle politiche del reddito di cittadinanza, politiche che io difendo e sulle quali spero che non si facciano

ulteriori passi indietro. In questo senso, l’assegno di inclusione è stato un passo indietro, ma almeno ha mantenuto l’infrastruttura di contatto tra comuni e centri per l’impiego, permettendo una gestione condivisa del fenomeno.

Cerco, inoltre, di coinvolgere i giovani con delle politiche proattive: un esempio è il Progetto Giovani, che si occupa di intercettare e divulgare le opportunità che vengono offerte a vario titolo, sia dai privati che dalle istituzioni nazionali ed europee, oltre a realizzare politiche specifiche su giovani con problemi di carattere economico ed educativo. Infine, mi occupo di politiche sociali relative alle persone con disabilità: è un numero percentualmente forse poco interessante, ma in realtà molto rilevante dal punto di vista della ricaduta sociale e culturale e dell’impatto sulle famiglie. Esiste, infatti, una platea fatta da centinaia di persone, da inquadrare come inoccupabili, persone che per vari problemi – non sempre diagnosticati – non riescono a tenere il lavoro.

Migliaia sono, invece, quelle che hanno bisogno di una forte ricapacitazione e revisione delle proprie competenze. Per me è necessario collegare le istituzioni sociali a quelle del lavoro, in quanto chi conosce in prima battuta la storia di una persona fragile, prendendola in carico prima di ogni altro elemento della macchina pubblica, è l’assistente sociale. Inoltre,

il collegamento e il coordinamento tra istituzioni può garantire la coerenza dei percorsi. Infatti, uno dei problemi rilevati in tema di politiche attive è che con una parte del budget si attivano tanti percorsi di formazione, ma con le politiche che restano slegate le une delle altre. Può succedere che alcune persone fragili frequentino molti corsi di orientamento prima di accedere a un vero e proprio tirocinio e poi magari a un’assunzione. Si genera, quindi, uno spreco di risorse

pubbliche e si impatta negativamente sul benessere della persona. Quanto più il collegamento tra istituzioni è stretto, tanto più si concorre a evitare questa realtà. Oltre alle politiche attive di orientamento, quello che serve è una maggiore sensibilità delle imprese nell’assunzione dei soggetti fragili. In virtù della riforma delle province e del passaggio di gestione dei centri per l’impiego dalle province alle regioni, anche Veneto Lavoro ha molte più risorse e sta riuscendo a investire nella formazione delle aziende sull’inserimento dei soggetti fragili e sulle relative opportunità di sgravi fiscali».

In base a questo obiettivo del coordinamento istituzionale, con quali enti collabora il Comune di Padova?

«Abbiamo attivato un coordinamento molto stretto con l’ULSS 6 Euganea,

l’Azienda Unità Locale Socio-Sanitaria della provincia di Padova, in particolare con i servizi di integrazione lavorativa. Con il Centro per l’Impiego di Padova, ci troviamo bimestralmente per fare il punto della situazione e monitorare i bandi che la regione fa uscire. Ad esempio, è uscito il bando Giovani Energie dedicato ai NEET, per avvicinare i giovani al mercato del lavoro e favorire il rientro all’interno di percorsi formativi dei minori in dispersione scolastica. Stringendoci tra istituzioni abbiamo delineato le nostre esigenze e quelle che avevamo in comune, abbiamo incontrato tutti gli enti di formazione beneficiari del bando e abbiamo dato loro delle direttive uniformi.

Il tutto per avere un unico punto d’accesso e un unico orizzonte di azione. Lo stesso è avvenuto con il bando Passi, dedicato ai percorsi di inserimento lavorativo per disoccupati. Io suggerisco di implementare a livello strutturale le politiche di coordinamento tra gli enti di vari gradi, ad esempio tra la Regione e i vari comuni. La riforma degli Ambiti Territoriali Sociali (ATS) potrebbe costituire un’opportunità forte, in quanto si andranno a costituire delle nuove realtà istituzionali volte a coordinare tra loro i comuni nell’ambito sociale. Esse godranno di professionalità mutuate dalle équipes del reddito di cittadinanza; quindi, già allenate a lavorare in rete».

Quanto è importante il contributo delle cooperative sociali all’aumento dell’inclusione lavorativa?

«Il mondo cooperativistico sta maturando una sempre maggiore attenzione alla correttezza dei rapporti di lavoro e a tutti gli ambiti della legalità. In particolare, ammiro molto il lavoro svolto dalle cooperative sociali e conosco i progetti in capo al Pnrr per la vita indipendente di persone con disabilità. Una delle strade che si stanno provando a battere è quella dell’inclusione attiva delle persone con disabilità.

Ad esempio, attraverso l’articolo 14 della Legge 68/99, che consente l’assunzione del lavoratore con disabilità presso una cooperativa sociale di tipo B, nei confronti della quale l’impresa si impegna ad affidare una commessa di lavoro. Vale sempre la pena ricordare l’esistenza di questa opportunità al mondo produttivo e agli imprenditori: se un task dell’impresa può essere esternalizzato, prima di pensare ad altre aziende si può pensare anche al mondo cooperativo, in modo da

garantire una serie di vantaggi fiscali e anche un beneficio in termini di bilancio sociale. Lo ha fatto con successo la multinazionale Carel Industries Spa con sede a Brugine, che ha affidato il servizio della mensa aziendale alla cooperativa sociale padovana Riesco. Una pratica da incentivare sempre di più è la formazione dei lavoratori attraverso le visite nelle cooperative con cui la loro azienda collabora, in un contesto sociale utile e capace di fornire loro una notevole tenuta valoriale.

Un team building diverso, che consente a quei lavoratori di capire che l’impresa di cui fanno parte produce nel suo insieme degli effetti molto importanti a livello sociale. Un altro tema che mi sta a cuore è quello del job coaching: quando si fanno gli inserimenti in legge 68 o altri inserimenti di persone con fragilità, nella gran parte dei contesti lavorativi, compreso quello pubblico, la persona viene “buttata” dentro

il nuovo contesto senza nessun tipo di affiancamento. Potremmo prendere spunto dal mondo della scuola, introducendo figure simili a quella dell’insegnante di sostegno, ma con minore carico di lavoro. Tali figure, a disposizione degli inserimenti previsti dalla Legge 68, potrebbero preparare sia i colleghi sia la persona fragile. Per le persone autistiche, per esempio, è importante creare un ambiente di lavoro in cui si osservino alcune regole di comportamento, come evitare di parlare a voce alta o evitare un contatto visivo diretto. Il job coaching è un sistema su cui investire di più, magari utilizzando le risorse delle multe di chi non assume secondo la Legge 68»

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